giovedì 25 ottobre 2012

LETTERA A VANITY FAIR


LETTERA A VANITY FAIR – pubblicata sul n. 51

Accarezzo mio figlio che mi chiede ridendo “guardiamo i numeri!!!” e mi sento sciogliere dalla tenerezza.
Gli metto il conta minuti e cominciamo a contare al contrario.
I numeri sono appunto i minuti residui che appaiono sul display della sua macchina per dialisi peritoneale.
E’ mattina, lui è già sveglio ma resta nel suo lettino perché aspetta che io lo stacchi dalle sue dieci ore di dialisi, per cominciare la sua giornata normale.
Mio figlio ha 4 anni, è nato prematuro con una malformazione alla valvola uretrale posteriore, ha subito 6 interventi, il primo a 2 gg di vita, e soffre di insufficienza renale acuta, patologia per cui non esiste cura e le cui conseguenze possono essere nefaste: su 100 colpiti, la metà non sopravvive, 40 guariscono e 10 finiscono in dialisi e in lista per un trapianto.
Mio figlio da 2 anni e mezzo è in trattamento di dialisi peritoneale.
Mio figlio aspetta un rene, ma il suo medico ci ha appena comunicato che in questi due anni sono diminuite drasticamente le donazioni di organi.
Aldilà del dolore profondo, dai problemi che esistono per la donazione tra viventi (a cui sia mio marito che io saremmo disposti sin da subito, ma non è così semplice), penso a quanta poca informazione e scarsa sensibilizzazione c’è intorno alla donazione di organi. Mi viene un pensiero agghiacciante che subito
rifiuto: quanti interessi economici ci sono intorno a un paziente dializzato in attesa di trapianto? Per inciso, sono circa 9 mila i pazienti italiani in lista per un rene nuovo e 42 mila i dializzati.
Perché negli ospedali non si creano delle strutture di sostegno ai parenti dei possibili donatori?
Perché sono ancora pochi gli ospedali che hanno delle sale operatorie attrezzate per gli espianti di organi?
Perché non si incrementa la ricerca sulle cellule staminali?
Nei topi, per ora, l’esperimento ha avuto successo, usando cellule staminali mesenchimali prelevate dal midollo osseo. Vi sarebbero guarigioni e nessun bisogno di dialisi né di trapianto (l’unica terapia al momento praticabile).
Penso a tutto questo e guardo mio figlio che è tutta la mia vita: vorrei portarlo in piscina come i suoi amici e non posso farlo perché i rischi sono troppo grandi.
Vorrei per lui e per altri bambini come lui una vita normale.
So che succederà, ma vorrei che fosse prima che poi.

STEFANIA

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